Noté Earbuds - by Corinne Pant
Un prodotto è invisibile agli occhi fino a non esistere, se non riesce a comunicare.
Ripensare al packaging, quindi, affinché l’arte di persuadere e sedurre torni a fare la differenza.
L'American Marketing Association ha definito il marketing come “una funzione organizzativa e un insieme di processi volti a creare, comunicare e trasmettere un valore ai clienti e a gestire i rapporti con essi, in modo che diano benefici all'impresa e ai suoi portatori di interesse”.
A nostro avviso, tra le righe di questa definizione, il packaging assume una fondamentale importanza, perché non è semplicemente un mezzo di comunicazione tra tanti, ma, verosimilmente, uno dei più efficaci, in considerazione anche del fatto che, non dimentichiamolo, è l’elemento che per primo entra in contatto con il consumatore. Da uno studio recente che ha coinvolto più di 2mila persone, servito a confrontare l’efficacia comunicativa di 23 diversi mezzi di comunicazione, è emerso che il packaging contribuisce enormemente a trasmettere i messaggi del brand. Se poi consideriamo che il consumatore impiega solitamente circa due secondi e mezzo a scegliere un prodotto, spesso guidato dall’impulso non programmato, si capisce come una confezione ben studiata sia in grado di fare la differenza. Questo perché siamo persone “visuali”, che giudichiamo quello che vediamo semplicemente guardandolo.
NYC Spaghetti, by Alex Creamer
Altra considerazione che ci sembra importante: il consumatore oggi ha bisogno di essere rassicurato. Ha bisogno di riconoscersi, con fiducia, in quello che ha davanti. L’attenzione alla propria salute, all’impatto ambientale, il valore etico che assume il prodotto finale, hanno assunto un’importanza sempre più crescente. Ecco quindi che diventa fondamentale l’etichetta. Secondo un’indagine recente, infatti, solo il 4% degli italiani non legge le etichette, l’88% guarda la data di scadenza, il 73% la lista degli ingredienti e 2 persone su 10 sono interessate a informazioni aggiuntive come provenienza, consigli nutrizionali e altro ancora. Stiamo parlando del “retropack”, ovvero l’altra faccia del pack, l’elemento forse più importante del packaging, col quale poter acquisire tutte le informazioni utili che potrebbero far scattare l’impulse sales, di cui parlavamo prima, che, molto probabilmente, porterà all’atto finale, l’acquisto. Se poi aggiungiamo anche i codici QR (quick response), rischiamo di attirare anche l'attenzione dei più giovani soprattutto in uno spazio differente, quello online. Il retropack, dunque, è diventato rilevante tanto quanto il lato frontale della confezione, arrivando forse a rappresentare il vero mezzo promozionale del prodotto.
Un esempio: i consumatori di vino, solitamente, vengono divisi in due categorie. Quelli bene informati, cioè che sanno tutto sul vino (produttore, vitigno, zona di produzione, qualità, etc. etc.), e quelli che non ne sanno nulla o quasi. La seconda categoria è quella più numerosa, composta da quasi il 90% dei consumatori, nei confronti dei quali, l’etichetta spesso svolge la sua funzione di persuasione.
L’ultima considerazione la dedichiamo alle “limited edition”, espediente con il quale si tenta di rilanciare l’immagine di quei prodotti tradizionalmente “stanchi” e molto “visti”. Noi riteniamo che grazie al packaging design, le “limited edition” sono il modo migliore affinchè un prodotto noto, ma “ri”visto, “ri”lanciato e “ri”generato dal design, possa tornare a sorprendere e creare nuove emozioni.
Il packaging quindi è per noi un'arte in continua evoluzione e rappresenta quello che la vetrina è per il negozio: l'ultimo avamposto affinchè l'atto di fede venga consumato.